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il Dott.Agr. Giuseppe Mauro Ferro, Accademico dei Georgofili, ha interessato della problematica inerente il disseccamento rapido dell'olivi il Presidente della prestigiosa Accademia,che ha sede a Firenze, Prof. Franco Scaramuzzi.

Da Antoniobruno5
 Nei giorni scorsi il Dott.Agr. Giuseppe Mauro Ferro, Accademico dei Georgofili, ha interessato della problematica inerente il disseccamento rapido dell'olivi, che si sta manifestando negli agri comunali di Gallipoli, Alezio,Sannicola,Parabita, Matino ecc , il Presidente della prestigiosa Accademia,che ha sede a Firenze, Prof. Franco Scaramuzzi. Tutto ciò al fine di verificare, attraverso la rete dei Georgofili, se nel mondo si siano evidenziati fenomeni simili e se nella vasta biblioteca dell'Accademia siano disponibili studi e ricerche su tale problematica.
Il Presidente Scaramuzzi ha prontamente risposto sottolineando che tutto ciò che finora è stato reperito nella letteratura riguardante l'olivo è stato già raccolto dal collega Accademico Giovanni Martelli che sta seguendo da vicino anche lo sviluppo di ogni possibile e tempestiva indagine sulle cause e su quanto si può fare per affrontare questo nuovo problema.
In allegato, pertanto, si rimette una sintesi del comunicato diffuso dall'Accademia a firma del Prof. Martelli , con un commento a margine sollecitato dalle conclusioni tratte da alcuni Movimenti ( Forum Ambiente e Salute) e riprese dagli organi di informazione.

Accademia dei Georgofili, Firenze 29.10.2013
DISSECCAMENTO RAPIDO DELL'OLIVO
Questa fitopatia che, come ne denuncia il nome, è caratterizzata da disseccamenti estesi e rapidi della chioma degli olivi che ne sono affetti e che ne muoiono, si è manifestata un paio di anni addietro nel Salento leccese, agro di Alezio, su di una diecina di ettari. Essa si è poi diffusa rapidamente, specie nell'anno in corso, sì da interessare oggi un'area stimata di cira 8000 ha. Il tipo di sintomi (disseccamento improvviso a "pelle di leopardo" che si estende progressivamante all'intera chioma e collasso delle piante) ha fatto supporre l'azione di agenti tracheifili, la cui localizazione potrebbe ridurre, se non bloccare, il rifornimento idrico. Ed è lungo questa direttrice che si sono mosse le indagini condotte dal Dipartimento di Scienze del Suolo, della Pianta e dgli Alimenti dell'Università Aldo Moro di Bari e dalla Unità Operativa di Bari dell'Istituto di Virologia Vegetale del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Cosa si è appreso: (i) il legno dell'annata delle piante deperenti è estesamente imbrunito e colonizzato da funghi tacheomicotici del genere Phaeoacremonium (gli stessi coinvolti nell'eziologia nel complesso del "Mal dell'esca" della vite) la cui specie più rappresentata è P. parasiticum. Gli imbrunimenti causati da questi miceti sono solitamente collegati alla presenza di gallerie del rodilegno giallo (Zeuzera pyrina) il cui ruolo nella insorgenza delle infezioni fungine non è stato ancora accertato; (ii) nelle piante sintomatiche di olivo (ma anche di mandorli ed oleandri con bruscature fogliari presenti nelle vicinanze degli oliveti colpiti) è stato identificato, sia con saggi molecolari che sierologici, un ceppo del batterio Gram-negativo Xylella fastidiosa, un agente da quarantena non segnalato in Europa e nel Bacino del Mediterrano (i reperimenti di qualche anno addietro in Kosovo su vite, ed in Turchia su mandorlo, mancano di conferma definitva). Xylella ha una vasta gamma di ospiti, legnosi ed erbacei, che ne costituiscono il serbatoio naturale e di vettori (cicaline), alcuni dei quali vivono anche da noi. La sua presenza, pertanto, è fonte di giustificati timori anche per la gravità dei danni che il batterio infligge alla vite (Pierce's disease) nelle Americhe, ed agli agrumi (Citrus variegated chlorosis) in Sud America, colture di primaria importanza anche per la Puglia. Se è pertanto comprensibile la preoccupazione che il reperto salentino ha provocato, lo è assai meno, perchè basato su congetture totalmente prive del conforto di verifica alla fonte (Istituzioni che stanno indagando sulla malattia), il crescente allarmismo degli organi di stampa. Titoli come: "X. fastiosa killer degli olivi ...", "Olivi in quarantena per il batterio killer"; "Identificato il killer degli olivi" ormai dilagano. Si dà il caso che le indicazioni molecolari acquisite a Bari forniscano buoni motivi per ritenere che il ceppo salentino di X. fastiidiosa appartenga ad una sottospecie (o genotipo) che non infetta nè la vite nè gli agrumi, e che esperienze statunitensi (California) indicano come dotato di scara patogenicità per l'olivo. Di ciò è stata data notizia al Servizio Fitosanitario Regionale ed al Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali, e se ne è parlato, sembrerebbe invano, nei numerosi incontri con tecnici ed agricoltori che si sono tenuti nelle zone colpite. In conclusione, non vi sono al momento elementi che facciano ritenere X. fastidiosa come l'agente primario del dissecamanto rapido dell'olivo. Essa è verosimilmente coinvolta nel quadro eziologico come compatercipe. E' quanto si vuole accertare attraverso l'isolamento (in corso) in coltura pura del batterio, che ne consenta la defintiva ed incontrovertibile identificazione e permetta la conduzione di prove di patogenicità che possano una volta per tutte accertarne il comportamanto su olivo. A ciò si aggiunga la ricerca dei possibili vettori, anch'essa in effettuazione. In attesa delle risultanze degli studi in corso, che pemettano la formulazione di un piano di contenimento e di lotta, si è suggerita al Servizio Fitosanitario Regionale l'adozione di interventi da intraprendere con immediatezza per: (i) delimitare l'area contaminata, (ii) identificare una zona tampone; (iii) bloccare la movimentazione di piante e di materiali di propagazione nelle e dalle zone considerate.
Giovanni P. Martelli
Come commento a margine, sollecitato dalle conclusioni tratte da alcuni (Forum Ambiente e Salute di Lecce, ad esempio) e riprese da altri organi di informazione, non si può non fare notare con forza che Xylella fastidiosa è comunque un microrganismo da quarantena la  cui presenza, indipendentemente dal grado di patogenicità  per l'una o l'altra  coltura, rende automatica ed inevitabile  l'adozione di misure  urgenti di contenimento e/o eradicazione,   come sancito dalla Direttiva Comunitaria 2000/29.

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